Varie fonti divulgative riportano informazioni inerenti alcuni esperimenti condotti da due studiosi dello Scripps Institute of Oceanography (University of California, San Diego): Andrew A. Benson noto per le sue ricerche inerenti la fissazione del carbonio nelle piante e, prima di lui, l’oceanografo e professore di biogeochimica Gustaf Arrhenius.
Gli esperimenti ed i loro passaggi sono meglio descritti in un articolo pubblicato sulla rivista Science del febbraio del 1979 di Thomas H. Maugh II. Secondo quanto riportato dall'articolo i bezoar potrebbero essere in grado di rimuovere effettivamente le forme tossiche dell'arsenico: l'arseniato* e lo ione arsenito*.
Le prime osservazioni furono di Gustaf Arrhenius che notò nei bezoar la presenza di fosfati di calcio in forma di cristalli di brushite. Questi cristalli scambierebbero il loro gruppo fosfato* con lo ione arseniato, strutturalmente simile, assorbendolo e neutralizzando così questa componente del veleno.
In seguito Andrew Benson scoprì che anche lo ione arsenito
(altra componente del veleno) poteva essere catturato legandosi agli aminoacidi solforati (es.: cisteina) presenti nelle proteine (cheratine)
dei peli di cui i bezoar sono ricchi.
L' idea gli fu suggerita dai suoi studi inerenti la capacità detossificante delle alghe che vivono in acque calde e che sono in grado di assorbire sia ioni fosfato che ioni dell'arsenico.
In sintesi, secondo i risultati dei suddetti esperimenti, i sali dell'arsenico sarebbero in parte assorbiti (effetto assorbente) e/o in parte catturati (effetto chelante) dai componenti del bezoar.
Oggi i bezoar si possono osservare nelle sale di alcuni musei di scienze, storia e arte o nelle sale chirurgiche veterinarie. Si trovano anche in qualche sala ospedaliera poichè si possono formare pure nell'apparato gastrointestinale umano a causa di particolari patologie oppure in seguito all'ingestione di elevati quantitativi di fibre (vegetali e animali) o per l'accumulo di proteine presenti in alcuni alimenti (es.: lactobezoari).
-Barroso Maria Do Sameiro (2013). Bezoar stones, magic, science and art. Geological Society of London Special Publications. 375. 193-207. 10.1144/SP375.11.
-Eng K. e Kay M. (2012). Gastrointestinal bezoars: history and current treatment paradigms. Gastroenterology & hepatology, 8(11), 776–778.
- Maugh Thomas H. II
(1979). It Isn't Easy Being King.
Science 16 Feb 1979: Vol. 203, Issue 4381, pp. 637